Negli anni '80 andava di moda un libro dal titolo a dir poco inusuale: "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta". In realtà, più che parlare di discipline orientali e meccanica il romanzo è una riflessione critica sull'atteggiamento occidentale di fronte agli ostacoli.
Per capire la differenza fra atteggiamento mentale occidentale e orientale facciamo l'esempio di un viaggio in bicicletta.
Mario, l' "occidentale", e Filippo l' "orientale", partono da Bologna e vanno a trovare le loro rispettive fidanzate a Firenze; naturalmente in mezzo c'è l'Appennino.
Mario analizza il tragitto su Google Earth, valuta le pendenze, divide il percorso in vari tratti, decide le fermate per alimentarsi e riposare e fa una valutazione dei tempi di percorrenza creando una tabella di marcia.
Una volta partito guarda spesso l'orologio, il contachilometri, raffronta i tempi di percorrenza con la tabella di marcia; purtroppo non vede un pezzo di vetro sulla strada e una ruota si buca. Mario sostituisce la ruota, irritato per il contrattempo che causa un rallentamento nel suo cammino. Una volta cambiata la camera d'aria salta sulla bicicletta rendendosi conto che le mani sporche di grasso stanno sporcando il manubrio.
Giunto a Barberino del Mugello pregusta la veloce discesa verso Firenze, ma purtroppo sopraggiunge un temporale ed è costretto a fermarsi dalla forte pioggia.
Arrivato a Firenze si lamenta con la fidanzata del terribile viaggio e non vede l'ora di andarsene a riposare.
Filippo analizza il tragitto su Google Earth, guarda le foto di Panoramio per farsi un idea del paesaggio, trova una trattoria sulla strada che gode di ottime recensioni e divide il percorso in base a vari punti panoramici, un agriturismo dove si può fermare a prendere del formaggio e magari una buona bottiglia di vino.
Una volta partito si rilassa guardando il panorama, sulla salita ascolta il suo cuore che batte e sente il sangue scorrere nelle vene. Purtroppo non vede un pezzo di vetro sulla strada e una ruota si buca. Filippo si ferma e sostituisce la ruota all'ombra di un bellissimo albero, poco più in là nota un ruscello e mentre si lava le mani nella fresca corrente nota un cerbiatto che lo guarda curioso.
Sorridendo per l'incontro Filippo rimonta in sella, inizia la discesa ma Giunto a Barberino del Mugello purtroppo sopraggiunge un temporale ed è costretto a fermarsi dalla forte pioggia. Fortunatamente poco più in là c'è un bar e decide di entrare a bersi un caffè. Una barista gentile gli porge un asciugamano, così può asciugarsi. Alla cassa prende anche una confezione di cioccolatini per la sua fidanzata.
La pioggia termina e Filippo riprende il suo cammino. Arrivato a Firenze abbraccia la fidanzata, le porge la scatola di cioccolatini e le racconta del viaggio, del cerbiatto e della barista gentile; poi se ne va a riposare riproponendosi di rifare il viaggio, magari con la sua fidanzata.
La cosa che dovrebbe far riflettere è che Mario e Filippo probabilmente ci mettono lo stesso tempo, superano gli stessi ostacoli e alla fine sono comunque entrambi stanchi.
Veniamo ora alla corsa a piedi nudi.
Se partiamo con l'idea di "voler affrontare una sfida", di eliminare gli infortuni, di correre più veloci, di sentirsi diversi e migliore degli altri, probabilmente ci ritroveremo infortunati, delusi e arrabbiati con Christofer McDougall e il cxxxx di "Born to run" (nonché con l'autore di questo blog!! :)
Ogni vescica, ogni pezzo di vetro sulla strada ci farà imprecare, ogni tendinite e dolorino "di assestamento" mentre il nostro corpo si abitua a un nuovo modo di muoversi ci farà maledire la decisione di aver abbandonato le scarpe.
Proviamo invece a correre gustando ogni singolo passo, assaporando le sensazioni che proviamo correndo su diversi tipi di terreno, sorridendo alla gente che ci guarda strano e ci chiede se "non fa male?"
Proviamo a considerare ogni dolorino, ogni vescica come un segnale del nostro corpo che ci dice che dobbiamo migliorare la tecnica, o che magari abbiamo esagerato (troppo e/o troppo presto).
Probabilmente ci ritroveremo senza infortuni, a limare il nostro tempo sulla maratona e alla fine di una gara saremo stanchi, ma non vedremo l'ora che arrivi la prossima.
Magari i nostri amici ci guarderanno in faccia e penseranno che magari una corsetta a piedi nudi la possono fare anche loro; il sorriso è contagioso almeno quanto il nervosismo.
Lo Zen ci insegna che in un viaggio è importante arrivare, ma quello che conta è il cammino.
Quindi, meditiamo sulla nostra vita, vogliamo essere Mario o Filippo? ;)
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